Carni

La carne diventa protagonista della tavola in epoca Medievale. Le scelte produttive e alimentari degli Etruschi e dei Romani, così come dei Greci, prediligevano una cucina prevalentemente vegetariana che ruotava intorno a tre prodotti fondamentali pane, vino e olio. Una predilezione che  era  l’esito diretto dell’idea di civiltà legata all’agricoltura: la capacità dell’uomo di separarsi dalle bestie riuscendo a ottenere un migliore utilizzo dell’ambiente naturale sottraendosi così alla soggezione della natura. L’uomo riesce non solo a produrre cibo ridisegnando il paesaggio, ma è in grado di trasformare i frutti della natura come nel caso del pane, del vino e dell’olio. La situazione cambia con l’arrivo delle popolazioni nomadi e barbariche per le quali la carne ha un ruolo centrale nell’alimentazione. La natura migratoria di questi popoli li aveva portati verso la caccia e un’alimentazione carnivora. Così quando si impadroniscono delle terre della parte occidentale dell’Impero Romano, affermano la propria cultura e danno un nuovo impulso all’economia di pascolo e di caccia. La carne diventa un elemento primario e una nuova importanza rivestono i  boschi dove gli animali trovano riparo e cibo. “I documenti di età medievale registrano regolarmente il bosco e il pascolo assieme ai campi e alle vigne, come pertinenza essenziale di ogni proprietà fondiaria” (Massimo Montanari, Gusti del Medioevo)

Nel territorio di Viterbo, ricco di boschi e grotte naturali, il maiale si è ben ambientato e ancora oggi  si possono trovare in allevamento i  Cinturelli (Cinta Senese) maiali neri con una striscia bianca discendenti di una razza antichissima che scorazzava libera su queste terre. Tale era l’importanza del maiale nell’alimentazione della città da regalarci ad esempio la ricetta diffusa tra l’XI e il XV secolo di un insaccato tipico come la Susianella  recuperata all’oblio da norcini locali ed entrata a far parte dei Presidi Slow Food. A forma di ferro di cavallo, questo insaccato varia nelle dimensioni che vanno dai 30 ai 50 cm di lunghezza e pesa tra i 300 e 500 grammi. Tra i suoi ingredienti cuore, fegato, pancreas, pancetta, guanciale e altre rifilature di maiale. Le carni sono macinate non troppo finemente e condite con sale, pepe, peperoncino, finocchio selvatico e altre spezie. Accanto alla susianella troviamo il salame cotto viterbese, altra specialità dei maestri norcini della città. Da sottolineare anche  la particolarità della porchetta di Bagnaia che vuole il ripieno costituito dai fegatelli e le interiora del maiale e soprattutto il profumo tipico del viterbese: il finocchietto selvatico. Come nel resto d’Italia il maiale rimane nel tempo un animale di fondamentale importanza nell’economia familiare,  permette l’utilizzo di ogni sua parte e consente tramite l’essicazione, la conservazione a lungo termine, caratteristica essenziale in epoche prive di sistemi di refrigerazione.

Accanto al maiale troviamo gli animali da cortile come polli e conigli. Una traccia importante la troviamo nella cucina tipica dove il coniglio ha un ruolo di rilievo e a cui è dedicata in particolare una ricetta che ne definisce l’origine:  “coniglio alla viterbese”. Importanti, in epoca recente gli studi fatti dall’università della Tuscia che hanno portato a selezionare la razza “Leprino di Viterbo” definendone le modalità di allevamento all’aperto  per  ottimizzare le condizioni sanitarie ed eliminare l’inalazione di odori sgradevoli che si andrebbero altrimenti a fissarsi nelle carni.

Gli animali sono alimentati con mangimi bilanciati non medicati o con fieni o foraggi freschi. 

Le carni sono considerate di particolare pregio in quanto ricche dal punto di vista proteico e a basso contenuto lipidico.

Un ruolo certamente non secondario spetta anche agli ovini e caprini e in epoche più vicine a noi a grandi allevamenti di bovini.

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