La Porchetta

Con questo termine intendiamo riferirci al maialino intero, sventrato, privato delle interiora, attualmente anche disossato, infilzato in un palo per essere trasportato agevolmente, e cotto al forno, dopo essere stato riempito con le sue frattaglie tagliate a pezzi e condito con odori vari. Andando indietro nel tempo, prima di noi i palati smaliziati dei nostri antenati (i Romani) conoscevano già le delizie di questo piatto; Apicio, nel suo celebre ricettario, ci fornisce, infatti, una elaborata ricetta del "maialino farcito" cotto al forno. I cuochi di allora, che erano degli schiavi e quindi svolgevano quel lavoro per onorare i palati dei loro padroni, avevano un bel da fare per preparare questo piatto, per il quale si richiedeva una materia prima di qualità (porcellus hortolanius), cioè un animale casereccio, che veniva disossato e riempito con gli ingredienti più disparati (miele, salsa di pesce, salsicce, malva, bietole, porri, uova, pepe ecc.). Di porchetta, come la intendiamo noi oggi, comincia a parlare il Burchiello nel 1400 riferendosi alla fiera di Todi ("io vidi in un baston cento porchette"), mentre Maestro Martino da Como, vissuto anche lui verso la metà del XV secolo, ci dà probabilmente la prima ricetta in italiano nel suo "Libro de arte coquinaria" dove, sotto il titolo "Per aconciare bene una porchetta", dopo averla pulita e ben riempita di vari ingredienti, dice "e dapoi cusila insieme e legala bene e ponila a cocere nel speto...".

Interessanti sono anche le citazioni dell'Oddi nel suo libro "Prigione d'amore" del 1592 (...mi fareste impalare come una porchetta..) e il libro di Giulio Cesare Croce pubblicato a Ferrara nel 1594 "L'eccellenza e il trionfo del porco" nel quale viene descritta la cronaca della festa della porchetta che si celebrava a Bologna il 24 Agosto per la ricorrenza di S. Bartolomeo. Nello stesso periodo il Ghirardi parla di "una porchetta a rosto con pepe e cannella" e così via fino a "Il processo di Frine" di Edoardo Scarfoglio" dove il prete benevolo per giustificare il peccato di gola dell'avvenente contadina, dice che "..le domeniche d'inverno la porchetta è segno e materia di letizia, e si raduna intorno nella piazza tutto il villaggio". Nelle varie regioni dell'Italia Centrale era sempre presente nelle tradizionali Fiere paesane, dove aveva la funzione di favorire le allegre bevute del fresco vinello e placare il robusto appetito dei contadini, che si ritrovavano a fare quattro chiacchiere con gli amici intorno ai tavoli delle ombrose fraschette. Anche il norcino, completata la vendita della porchetta, partecipava a questo festino insieme agli amici, riservando per sé gli zampetti e la coda, che venivano cotti in una teglia sistemata sotto il maiale. A Bagnaia, piccola e ridente frazione di Viterbo, famosa oltre che per la lussuosa Villa Lante anche per la produzione di ottime porchette, il contenuto di questa teglia era chiamato “piattella”, mentre in altre zone del viterbese, l’insieme di queste parti di minor valore, assumeva ugualmente il nome del contenitore, per cui troviamo la “teglia” a Viterbo, il “testo” nelle zone dei monti Cimini, la “tiglia” a Montefiascone e la “tiella” a Tuscania, il “sottosolo” a Carbognano.

Queste frattaglie, quando non le consumava il norcino stesso, venivano messe in vendita ad un prezzo inferiore a quello della porchetta, per cui erano molto ricercate, anche perché il loro sapore era molto caratteristico e particolarmente gradito; il grasso che si solidificava nel fondo di questa teglia, al invece, veniva ceduto per pochi soldi, oppure regalato alle persone più povere, che lo usavano per insaporire e rendere più nutrienti le minestre. In questi ultimi anni il consumo della porchetta è aumentato notevolmente e la vendita all'aperto ha conquistato i favori del pubblico, per via dell'accattivante profumo, del prezzo conveniente, della sua appetibilità e della comodità di avere un piatto già pronto e cucinato, che può risolvere in maniera sbrigativa ed economica il problema di un pranzo o di una cena, gradita a tutta la famiglia.

  • Curiosità:

    La porchetta, ricoperta da una crosta croccante e luccicante, esposta nel classico banchetto del “porchettaro”, ha rappresentato fin dai secoli passati il pasto caratteristico delle feste, poiché oltre a fornire un cibo nutriente e appetitoso, contribuiva ad allietare l'atmosfera con il suo inconfondibile profumo e il suo aspetto di oggetto sacrificale. Non mancava neanche nei festini di nozze, dal momento che l'aretino Federigo Nomi scrisse verso la fine del '600 che "nozze arcimperiali erano dette / s'aveano i maccheroni e le porchette".